Fino a quando ?

Il 29 luglio Dorel Iosif Floarea é stato ammazzato da un colpo sparato da uno sbirro, a Montgeron [nella banlieue sud di Parigi; NdT]. Forse era ubriaco (e allora?). Era, soprattutto, povero, uno straniero povero: ecco la ragione del suo assassinio.
Il 21 agosto, Abdelhak Goradia muore di “morte naturale” nella macchina nella quale gli sbirri lo hanno caricato: legato, ammanettato e con un casco sulla testa. Sì, quando le guardie strangolano qualcuno si tratta di “morte naturale”. Dopo la galera per delle truffe (un modo come un altro per sopravvivere) era l’aereo ad aspettare Abdelhak; direzione l’Algeria, tutta la sua vita lasciata qui, nessun ritorno. Si è opposto all’espulsione, è per questo che gli sbirri lo hanno assassinato. Era povero, uno straniero povero, e ha cercato di resistere: ecco la ragione della sua morte.
In media, ogni tre giorni una persona “si suicida” in prigione ed un’altra muore di “morte naturale”. Non fanno nemmeno più notizia. Uomini e donne morti di violenza, di miseria affettiva, di abbandono, di povertà. Morti di prigione.

Gli sbirri assassinano. Le frontiere assassinano. La giustizia assassina. La prigione assassina. Lo Stato, in tutte le sue ramificazioni, assassina.
A volte ciò fa un pochettino di rumore, scandalizza le anime belle di sinistra, per la durata di un telegiornale. A volte un’operazione poliziesca un po’ più mediatizzata sveglia un po’ gli animi. Ci sono quelli che gridano allo scandalo, facendo appello alla stessa ideologia sulla quale si basa questo mondo: la democrazia dei diritti umani. Ci sono quelli che denunciano gli abusi della polizia e chiedono giustizia (di sicuro…). Ci sono quelli che denunciano il crescere del fascismo. Ce ne sono che lanciano appelli alla resistenza, come se ci fosse qualcosa da difendere, in questo mondo.
Ma il problema non è la fascistizzazione di non so che cosa, non è l’abuso, l’eccezione. Il problema è la normalità, questa normalità che si chiama democrazia, che si chiama repubblica, che si chiama libero mercato. Una normalità fatta di gerarchia, di oppressione, di sfruttamento, di rassegnazione, di lenta morte dello spirito, di un certo numero (piccolo o grande, ma sempre normale) di omicidi statali.

Sbirri, giudici e secondini picchiano, mutilano, umiliano, rinchiudono tutti i giorni, nelle strade, i tribunali, le prigioni, ovunque. I padroni, proprietari e capi ci sfruttano, ci impediscono di vivere, ogni giorno. I preti di ogni cappella, i politici, gli intellettuali ci spacciano illusioni per spingerci all’obbedienza ed alla rassegnazione. E sembra “normale”.
In questa cupa normalità, ce ne sono, fra i poveri, che sono di troppo a causa del fatto stesso di esistere. Ce ne sono altri che, per scelta o per errore, fanno dei passi falsi. La polizia è la mano che arriva a colpire le teste che non si abbassano. La prigione il destino promesso a quei poveri che non accettano di essere sottomessi. Ecco tutto.

Fino a quando?
La risposta a questa domanda è abbastanza semplice, ma perciò ancor più dura. Finché crederemo a fantasmi quali i diritti e la democrazia. Finché continueremo ad obbedire. Finché non decideremo di prendere le nostre vite in mano. Finché ci accontenteremo di guardare altrove per non correre rischi. Finché non risponderemo colpo su colpo. Finché non troveremo il coraggio di cominciare ad abbattere questo mondo di sfruttamento e di oppressione.
Finché continueremo a pensare che non possiamo fare niente.

[Estratto da: Lucioles n°19, Bulletin anarchiste de Paris et sa région, ottobre 2014.]

Tradotto da Non-Fides

 

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