Ogni giorno veniamo spossessati dei mezzi con i quali poter portare avanti le nostre vite come vorremo. A scuola così come al lavoro, nella penombra di una cella, nelle nostre gabbie per polli così come nelle strade sotto stretta sorveglianza, tutto ci ricorda, ogni giorno, che il nostro avvenire è nelle loro mani e che non ci sarà una libertà futura.
Ti sei mai accorto del fatto che nel XX arrondissement [di Parigi, NdT], vicino a Ménilmontant, c’è una stradina che si chiama Rue de l’Avenir [Via dell’Avvenire, NdT]? Ti sei accorto del fatto che è un vicolo cieco? L’ironia che questa società di merda può permettersi è significativa della sua vittoria. La vita che essa ci impone non ha alcun futuro, essa lo sa e ne ride.
Si potrebbe credere che, a forza di spaccarsi la schiena in lavori schifosi o sotto il peso dei manganelli, la volontà di riprendere le nostre vite in mano diventi una pulsione; eppure no, la fatica, fisica e cerebrale, riesce a polverizzare anche questo, un po’ come i medicinali di cui ci riempiono nelle cliniche psichiatriche o in galera. E allora: sì, è difficile immaginare un futuro un po’ dignitoso senza demolire completamente questo mondo che ce lo nega.
Ma cazzo, cos’è che ce lo impedisce per davvero? Gli sbirri? La giustizia? Lo Stato? La fatica dovuta al lavoro? No, è troppo facile, troppo semplice. C’è molto più che tutto ciò: c’è lo sbirro nelle nostre teste, il giudice nelle teste degli altri, lo Stato fin dentro le nostre lenzuola ed il ricatto del lavoro e del denaro, al quale cediamo con rassegnazione oppure con brio. C’è una montagna gigantesca di costrizioni che non abbiamo il coraggio di sventrare.
Il nostro avvenire è nelle nostre mani, è nelle nostre teste. Che esso diventi il calvario di quelli che infrangono i sogni. Che i nostri sogni si trasformino in minaccia e che la realtà sorpassi i nostri sogni!
[Da Lucioles n°2]
(Manifesto trovato in Rue de l’Avenir e vicinanze, nord-est di Parigi, nel febbraio 2013)